Il Blog dello Scrittore

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Ho fatto scalo a Grado la domenica di Pasqua. Gente per le strade correva andando a Messa.
Millenovecentottantadue. I miei tredici anni. Si può dire che abbia ricordi nitidi già dall'età di sei, otto anni. Prima no, almeno non credo. La vera scoperta della vita fu però all'età di dodici anni. Era il millenovecentottantuno, un anno prima, quando nelle radio, in televisione, nei giornali si parlava di un cantautore alla ribalta. Era Battiato.
In quegli anni Battiato si fece conoscere al grande pubblico già nel settantanove con L'era del cinghiale bianco ma con La voce del Padrone, millenovecentottantuno, fu il primo album a vendere un milione di copie con ben cinquantadue settimane in classifica. Fu veramente un successo unico nel panorama musicale italiano. Erano gli anni dei cantautori. Erano anche i primi anni ottanta con il nascere del nuovo pop e dei vari Camerini, e tutto un mondo musicale di pseudo elettronica che avrebbe poi cambiato la nostra vita.
Battiato fu una scoperta ed una novità per le tematiche che trattava e per la musicalità che aveva. Si capì subito che era uno sperimentatore ma per molti era anche un "ciarlatano". I suoi testi erano inaccessibili. Una frase era fine a se stessa. La sua musica era una commistione di generi musicali sovrapposti. Fu il primo ad introdurre il coro nella musica leggera. Nei suoi testi non c'erano collegamenti logici, almeno all'apparenza. Era strano, goffo, bruttino, queste le voci più comuni sul suo conto. Era però geniale.
Il suo centro di gravità permanente cantando Cuccurucucu paloma mentre si sventolava bandiera bianca tra segnali di vita nei cortili osservando volare gli uccelli innamorandoci magari di un sentimiento nuevo in riva a spiagge solitarie ci incuriosiva un pò tutti. A me per primo.
Battiato non te la mandava a dire. Non era un personaggio canonico, era schivo. Era serio, serioso, giocava un ruolo che poi scopersi essere gurdjiefiano. Era insomma un provocatore che aveva l'intento di svegliare alcune coscienze dormienti. I suoi balletti erano alquanto unici. Insomma, tutti furono incuriositi e ballarono le sue canzoni. Se oggi si pensa a Vasco allora fu lui a riempire gli stadi.
Per quanto mi riguarda a tredici anni con gli amici di allora andavo a messa senza un criterio logico ma solo per ritrovarci e parlare per organizzarci i pomeriggi di quelle domeniche perugine. Erano per me gli anni dei vicoli, delle viuzze, della scuola e delle scampagnate. Le corse in bicicletta. Gli anni delle prime uscite. In auto seduto perrennemente dietro ero solito sognare, fantasticare, costruivo mondi paralleli. Furono anni fantastici e ben presto mi accorsi di questi mondi trasversali fatti di citazioni e collage orfici.
Non nascondo che questi mondi almeno per l'epoca diventarono quasi una moda. Si parlava in maniera interessante infatti di filosofia, filosofie orientali, Camus, Nietzsche e tutto il resto. A tredici anni quindi non sognavo di sposarmi, non sognavo di innamorarmi. Avevo dei problemi anche di salute. Sognavo quindi di strutturarmi. Il mio obbiettivo fu quindi già palese fin dai primi anni dell'adolescenza. L'evoluzione interiore o quantomeno l'osservazione.
Già, proprio di questo voglio parlarvi. Di come cioè già dall'età di dodici, tredici anni scopersi tutto un emisfero surreale, pieno zeppo di tematiche, rigonfio di atmosfere, di silenzi, di introspezioni, di austerità, di messaggi, fatto anche di disciplina, di un'alternativo senso del dovere.
Tutto quello che avevo sentito dire dai preti o dal mondo adulto a dodici anni mi venne rimesso in discussione. Non vi era soltanto l'amore per l'onnipresente Signore ma semmai un amore per se stessi attraverso di esso. Iniziai quindi a mettere in primo piano l'individuo. Mi misi a leggere il Superuomo di Nietszche attraverso libri come Ecce Homo e Così parlò Zarathustra. In questo frangente non pensai di essere superiore agli altri in quanto appunto Super Io ma semmai scopersi che esistevo. Io ci sono. Io sono. Io chi sono?
Questa era la domanda alla quale i preti e la Chiesa non sapevano rispondermi. D'accordo siamo tutti figli di Dio, dobbiamo amarlo, venerarlo, dobbiamo seguire la sua Parola ma noi? Noi esseri umani chi siamo? Perché esistiamo? Solo per seguire la parola del Signore? Esistiamo solo per seguire il Credo Cattolico? Dentro o fuori. Ad un certo punto mi tirai indietro e smisi di frequentare il catechismo. Sono certo che se non fosse arrivato Battiato in quel preciso istante forse lo avrei scoperto più avanti. Ciò che hai dentro spesso risuona in ciò che scopri fuori. Non ero stato quindi creato per vivere il mondo cattolico. La Chiesa era per me un potere occulto fatto di festini, prediche last minute, messe di appena tre quarti d'ora dove all'interno c'erano cori tipo Amanda Lear e dove si affrontavano tutti i temi tra i quali il peccato e l'assoluzione. Noi siamo perenni peccatori pronti per essere assolti. Questo di continuo e a dismisura.
Fu l'epoca invece della scoperta del Bene e del Male e delle questioni sociali. C'era in me tutto un mondo di angosce, misteri, studi che dovevo approfondire. Dovevo scandagliare. Dovevo per forza di cose esplorare. Dovevo emozionarmi, piangere, ridere, pensare, riflettere. Dovevo conoscere, esplorare, dovevo affacciarmi al mondo.
Furono gli anni in cui imparai a tuffarmi senza saper nuotare. Gli anni dell'adolescenza. C'è un video di Fabrizio De Andrè del millenovecentonovantuno che si chiama La domenica delle Salme in cui il regista Salvatores fa affacciare De Andrè da una finestra semi aperta. De Andrè sfessura la persiana e si affaccia appena un istante a mezzo viso, guarda giù e poi rientra. Salvatores spiegò che gli piaceva descrivere De Andrè in questo modo: uno cioè che osserva, narra e poi rientra. Si ritira.
Questo esempio figurativo mi ha sempre affascinato e mi ha appartenuto non per la presunzione di accostarmi al cantautore genovese, ci mancherebbe ma perché in quegli anni mi vidi come uno che osservava per imparare, narrare, raccontare a me stesso ciò che vedevo. Tutto questo incamerare situazioni, eventi, novità, sapori ed emozioni con gli occhi attenti di chi non dimentica mi affascinava. Bisogna ricordare e dovevo ricordarmi di me per rimettere a posto il puzzle della mia vita.
Battiato in questo fu un grande Maestro. Si può dire che scopersi la Vita. L'artista è colui che si affaccia per raccontarti ciò che vede senza giudicarlo ma facendo in modo che tu possa scegliere ciò che per te è bene dal male. L'artista è colui che quindi racconta senza esporsi troppo. Finito il suo compito si ritira e ti lascia vivere le tue esperienze.
Scalo a Grado fu una canzone molto forte, dura, presente all'interno dell'album L'Arca di Noè che ebbe la responsabilità di mantenere almeno il successo del precedente. Questa canzone è un'invettiva verso quel Credo fatto di preghiera all'interno delle Chiese nel giorno di Pasqua, nel giorno cioè più importante del cattolicesimo. Importante anche per il suo significato di vita, morte e resurrezione. Traslato al significato della nostra esistenza ha un bel valore arcaico.
Ecco che quindi arriva Battiato e lo descrive come un'esperienza sovraesposta sottolineando i formalismi piuttosto che le profonde origini cristiane. Una canzone che sottolinea un comportamento superficiale tra canti di salmi stonati e un approccio superficiale e non appunto religioso o quanto meno spirituale. Per dirla tutta si mostra la lingua al prete che da l'ostia per poi non vedere l'ora di tirarla fuori per mangiare l'agnello a tavola con tutte le sue prelibatezze dopo aver compiuto il proprio dovere di redento.
La sacralità comunque di Battiato è fuori discussione e non dimenticherò mai la frase scritta sul retro della sua Messa Arcaica dove cita il filosofo e mistico Abd Al Qadir, "Pregare non è facile. Di una preghiera arriva solo quello che si comprende". Ecco la disciplina della preghiera che per Battiato è fondamentale. E' altrettanto importante la ricerca interiore. Oggi tutto ciò non è praticabile. Si prega cantando con la chitarra come si può, inviando immaginette con frasi ad effetto nei canali social. Insomma, il Magic Shop del nuovo millennio.
Tutto questo mi arriva a tredici anni come una bomba molotov. Un'esplosione di strane allegorie, odori da lontano, una implosione di un universo tutto che da dentro tirai fuori in un batter d'occhio.
Scoprì l'intimità del cuore. Una scoperta magnifica.
Abbeverarsi da ogni fonte
Crescendo arriviamo al millenovecentonovantotto. Con il tempo avevo perso di vista Battiato. Lo ascoltavo ma non come fa un adolescente tra i vari idoli e poster di quindici anni prima.
Ricordo benissimo questa scena. Una sera rientro a cena. Trovo la tavola già apparecchiata e durante il telegiornale delle venti mi ritrovo Mollica che intervista Battiato. Mia madre mi dice tutta soddisfatta: Vedi chi c'è? Mentre mi toglievo il giaccone sento Mollica dire al cantautore seduto con il suo solito piglio ironico/serioso: Questo album esce dopo il successo strepitoso del precedente che conteneva La Cura. Come ti prepari a questa uscita? Battiato sorride e risponde che all'interno del nuovo lavoro c'è un brano che volutamente smentiva tutta la poetica sulla farsa riga de La Cura. Ve ne accorgerete, conclude ridendo.
La canzone in questione é Auto da Fè.
L'autodafé è in senso letterale, dal portoghese auto da fé, «atto della fede». Proclamazione pubblica cioè della sentenza dell'Inquisizione spagnola contro i colpevoli di eresia, cui seguiva l'abiura o la condanna. Indicò anche l'esecuzione sul rogo degli eretici e le cerimonie che la accompagnavano. Battiato giocò con queste due parole dichiarando nella canzone il proprio auto da fè verso i propri innamoramenti volendo praticare sesso senza sentimenti. Come dire, state cantando La Cura ai matrimoni, nelle Chiese, nelle feste ai propri figli? Tranquilli, ve ne dico un'altra. Questa è un'altra versione.
Battiato non è stato mai solito fermarsi. Dopo il successo de La voce del Padrone virò. Dopo La Cura fece lo stesso. Dopo il concerto davanti al Papa disse no all'Azione Cattolica che lo voleva come esponente e testimonial del proprio Credo con l'album Fisiognomica. Potrei continuare perché la lista è lunga. Non si tratta di incoerenza o indecisione ma di Libertà. Battiato è uno sperimentatore, è un esploratore, è un ricercatore e spesso e volentieri ha dichiarato di volersi abbeverare da ogni fonte e lo ha fatto. Lo ha fatto studiando il misticismo, le lingue, studiando e leggendosi tutti i vari mistici buddhisti, cristiani, induisti, sufi. D'altronde uno come lui non poteva non svegliarmi. A tredici anni tutto questo fu come uno schiaffo o una secchiata d'acqua fredda in piena faccia mentre dormi. Fu l'inizio della mia vita, fu una Resurrezione. Il famoso Risveglio di Primavera.
Non puoi non ricercare il significato delle sue canzoni, andarti a scandagliare i suoi testi, la sua ricerca, il suo scopo letterario, il suo messaggio. Non puoi non farlo. Nel tempo ho abbracciato una delle sue dichiarazioni in cui dice che viaggiare è abbandonare i luoghi comuni.
Ora come non mai credo sia arrivato il momento di farlo. In senso quanto meno metaforico. In senso anche laico e che ognuno gli dia il significato che più gli piace. Senza scomodare niente e nessuno.
In piena libertà. Abbiamo il libero arbitrio. Cerchiamo di usarlo nel miglior modo possibile.
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