Che mi prenda un colpo. Qui non c'è più nessuno. Siamo io e una manciata di polvere. Sono qui in compagnia del destino
che mi accompagna. Cristo Santo, non c'è proprio anima viva.
Non ero mai stato solo prima. Almeno non sul serio. Proprio ora me ne sto rendendo conto.
C'erano sempre qualcosa e qualcuno intorno a me.
C'era quel futuro che anche se beffardo mi accompagnava fino alle sorti di questa vita. C'era mia moglie. C'era una musica.
C'era una voce da fuori che penetrava nel mio petto.
Ora penso. Penso a quel momento in cui ogni giorno percorrevo sempre la stessa strada ed in quel preciso punto, dove
la salita era più ripida, facevo sempre le solite riflessioni. Ricordo tutto. A destra c'era una specie
di spiazzo dove i bambini giocavano a pallone. A sinistra le case. Davanti io. Avevo sedici anni.
Mentre camminavo sognavo. Sognavo molto.
Ora sono qua. Davanti a questo muro bianco, a questa Pasqua. Un silenzio assordante quasi fosse notte fonda. Quasi fosse la morte.
Non mi spavento. In questo palazzo negli altri appartamenti non c'è più nessuno perché abbiamo tutti gli stessi pensieri
e pochi rumori.
C'è la signora del piano di sotto che si organizza le giornate come meglio può. Il mio dirimpettaio invece
tira a campare, non ha nulla. Non lava, non si fa le faccende. Legge il suo giornale sperando di trovarci scritta la sua sorte.
Mi chiamo Fernand, ho settantasei anni. La polvere che vedo qui di fianco su questo mobile ha meno anni
e molta più vitalità. Ogni tanto la vedo svolazzare. Io no. Sono immobile.
Sto spesso in salotto. Accendo qualcosa, non so cosa. Forse è un giradischi, forse una radio. Non ho ben capito.
Sono troppo distratto. Non amo gli elettrodomestici ma amo la compagnia. Qualunque essa sia. Un rumore, un suono, una voce.
Sono solo da tre anni. Eppure non dispero. La mia solitudine mi piace. Mi aiuta a capire.
Dovrei capire meglio la mia instrospezione ma ormai sono vecchio.
L'altro ieri, per dire, ho aperto la finestra ed ho visto un cane. Era lì, fermo, odorava qualcosa. Scodinzolava. Quell'odore
gli piaceva. Forse era un giovincello oppure no. Non ho visto nessuno intorno a lui.
Forse era scappato. Beato lui, ho pensato. Ha avuto coraggio.
Non che io non lo avessi mai avuto, ho avuto una vita agiata, se vogliamo. Si, non mi lamento.
Ora però vivo in questo condominio fatto di vecchi. E' un condominio vecchio. Il più giovane avrà sessant'anni.
Abbiamo tutto. Il farmacista, il medico, la spesa. Tutto a portata di mano. Tutto troppo comodo. Tutto troppo bello
per essere vero.
Il tizio dell'ultimo piano ad esempio quando esce si ferma al mio piano con l'ascensore, mi suona e mi chiede se ho bisogno di qualcosa.
Questa cosa mi fa incazzare. Non sono un vecchio decrepito. Ancora ce la faccio. Lui, imperterrito crede di farmi un favore.
In questo palazzo abitano quindi anche un pò di solidarietà e tanta comodità. Questi due sostantivi ci hanno viziato.
Stiamo a casa il più possibile.
Siamo organizzati bene. Con il bastone della scopa posso bussare a Roger del piano di sopra e con il tacco della scarpa ad Evelin
del piano di sotto che non perde occasione per raccontarmi come è scandita la sua giornata.
Ora voglio dirvi una cosa. E' Pasqua. Ogni anno per qualcuno di noi sembra essere l'ultimo sia per problemi di salute,
sia per pessimismo, sia per pigrizia. Già. Per qualcuno di noi morire non sarebbe male. Lo dicono loro. Non sono
mie esternazioni.
Quando ci incontriamo giù, davanti alle cassette della posta, nel cortile o chissà dove a volte me lo dicono.
L'ultima frase è sempre "speriamo bene". D'altronde tutti noi abbiamo vissuto la morte. Chi ha perso qualcuno,
chi la moglie, chi il marito, chi un amico, chi un parente caro e chi la speranza.
Eh si perché perdere la speranza è un lutto bell'e buono.
Ve lo dice un vecchio che ancora se la cava ma chissà il buon Dio quanti giorni gli concederà ancora.
La Resurrezione
Scrivimi una risposta